Saluto pronunciato dalla Sindaca di Torino, Chiara Appendino, in occasione della Festa di Fine Ramadan organizzata dalla comunità musulmana torinese al Parco Dora:
Buongiorno a tutti,
Per me è un grande onore rappresentare la Città di Torino in un momento così alto e importante per i fedeli musulmani come la fine del tempo del Ramadan, il mese del digiuno per ciascuno di voi questo periodo ha costituito un’occasione di rinuncia non solo al cibo ma anche a ciò che c’è di malvagio nella vostra vita: i cattivi pensieri, le cattive azioni e la rabbia. Si tratta di uno dei pilastri della vostra fede e io sono profondamente convinta che la fede vissuta nel cuore e nella vita di ciascuno di noi, qualunque essa sia, costituisca un’occasione di ricchezza per l’intera società.
Nel mio discorso di insediamento ho affermato che non dobbiamo avere paura di uscire da noi stessi, da quella zona di conforto nella quale sovente cerchiamo di rifugiarci, per incontrare l’Altro, perché solo da un vero è profondo incontro ci si arricchisce reciprocamente.
Credo fermamente che non sia il compito di una Istituzione laica, come la Città entrare nell’anima delle donne e degli uomini, ma sia nostro dovere preparare tutti quei fattori che garantiscano a ciascuno la massima libertà possibile e, nel contempo, l’adesione al patto sociale. Solo in questo modo possiamo costruire una società equilibrata, nella quale ciascuno possa aspirare a realizzare te stesso, nei propri valori, sogni, ambizioni e progetti.
Lo Stato laico è per sua stessa natura pluralista e dialogante, è il modo col quale anche le fedi possono prosperare e diventare, a loro volta, linfa della vita culturale e sociale.
Tutti noi siamo rimasti profondamente toccati degli eventi di Dacca e in particolare, da torinesi, siamo vicini alla famiglia di Claudia D’Antona. Qualche giorno fa abbiamo ricordato le vittime di un altro attentato, quello di Istanbul, è ancora prima altre di Orlando. Noi, tutti noi, in una nebbia sempre più fitta, siamo ora chiamati a seguire però la luce del nostro cuore che ci indica una via. A noi, istituzioni pubbliche, è dato un importante compito: quello di affermare chiaramente che i violenti e gli assassini non hanno etichette religiose, che non esistono religioni buone o religioni cattive ma solamente uomini e donne che nella loro vita cercano, per quanto è loro possibile, di compiere il bene e altri che invece provocano dolore e morte.
A voi spetta la responsabilità di aiutarci a spiegare questo, di sopportarci in un’azione costante di verità affinché nessuno possa confonderci e farci vedere nel nostro Prossimo non il nostro fratello o la nostra sorella ma un nemico.
Abbiamo con noi delle armi infallibili una di queste voi l’avete praticata per un mese e la mettete a disposizione di tutta la società. Non è infatti con la violenza che si combatte il male, ma è solo con il bene, per seguendolo tenacemente in ogni nostro pensiero, parola e azione. Grazie per avermi dato l’occasione di incontrarvi e di conoscerci un po’ meglio anche se purtroppo non potrò presentarmi a ciascuno; sono certa però che questa sarà solo il primo passo della strada che percorreremo assieme.
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