La preghiera di migliaia di musulmani torinesi alla tettoia del Parco Dora per la festa del Sacrificio è stata conclusa questa mattina – venerdì 1 settembre – dalle parole dell’imam, il medico Hamid Zariate, che ha sollecitato la comunità ad aprirsi ancora più di quanto stia facendo.
«Non basta aprire le nostre moschee, dobbiamo aprirci ai nostri vicini affinché ci conoscano veramente. Quante volte ho sentito persone dirmi : ma tu non sei come quei musulmani che vedo in tivù. Chi mi conosce non ha paura di me. Per questo vi dico di aprire le moschee ma anche i vostri cuori a questa società in cui viviamo e che amiamo». Poi, il dottor Zariate, salutando la folla di fedeli, ha aggiunto: «Ora tanti di noi dovranno andare al lavoro invece di celebrare la festa. Speriamo anche, in futuro, di poter avere un giorno di permesso per celebrare la nostra festa più sacra».
Sul palco del Parco Dora, dove ha fatto gli «onori di casa» Mohamed Ibrahim, presidente della moschea a di via Saluzzo e dove l’organizzazione questa volta era affidata alle moschee di via Baretti e di via Mottalciata, hanno portato i saluti di Città e Regione gli assessori all’Integrazione Marco Giusta e Monica Cerutti. Entrambi hanno sottolineato il valore della conoscenza reciproca e assicurato l’impegno delle istituzioni per favorirne la crescita.
«Essere qui – ha detto l’assessora regionale Cerutti – testimonia la nostra volontà di proseguire il cammino di dialogo e relazione con le comunità del territorio. Anche conoscere il significato di queste ricorrenze è importante perché la non conoscenza, la superficialità, i messaggi banali che restano in superficie rischiano di far sì che si diffonda un’immagine distorta della religione musulmana». Giusta ha sottolineato il successo della giornata di Moschee Aperte durante il Ramadan. Poi ha riflettuto: «Nonostante questi successi, se guardo avanti, la via che vedo è piena di ostacoli. Le comunità di persone e di famiglie migranti, come molte e molti di voi, sono osteggiate in tutta Europa. Le musulmane e i musulmani, poi, sono nell’occhio del ciclone. Riprendo le parole che la Sindaca ha pronunciato qui due mesi fa, in occasione della Festa di chiusura del Ramadan: “Voi, come anche altre culture e religioni, pagate purtroppo il prezzo più alto della paura e dell’insicurezza verso ciò che è diverso, ciò che non si comprende”. Eppure l’insicurezza che rende irrespirabile l’aria intorno a noi è un’insicurezza che dovrebbe unirci, non dividerci. La disoccupazione, la precarietà del lavoro, la ricerca di una casa, riguardano chi è migrante come chi non lo è. Io credo, io sono sicuro, che l’aumento della violenza nella nostra società sia un frutto del seme della disperazione, piantato dalla povertà e annaffiato dalle disuguaglianze sociali. E non importa se la rabbia si sfoga nella criminalità, nella violenza dei gruppi neonazisti, negli attentati: questi atti sono figli dello stesso male, un male che si nutre delle nostre insicurezze per indebolirci e per separarci».
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