La Repubblica TORINO - 07 giugno 2016
FEDERICA CRAVERO
«VOGLIAMO avere con gli imam lo stesso rapporto che abbiamo con i parroci, una continua relazione, un rapporto di fiducia che serva anche a prevenire situazioni di criticità e di disagio. Per questo abbiamo consolidato una collaborazione con 45 centri di cultura e di preghiera islamici in tutto il Torinese». È questo uno degli aspetti che Arturo Guarino, il comandante provinciale dei carabinieri di Torino, sottolinea facendo il bilancio di un anno di attività per presentare la festa per i 202 anni dalla fondazione dell’Arma, in programma oggi alle 10.30 alla Scuola allievi carabinieri, nel cortile della caserma Cernaia. «Naturalmente il contatto con le aggregazioni islamiche — prosegue il colonnello Guarino — è stato potenziato anche per l’allarme terrorismo che si è diffuso in tutta Europa, ma da quello che abbiamo percepito non ci sono elementi che facciano pensare a segnali di radicalizzazioni ed estremismi in questa zona. Tra l’altro il dialogo con la comunità musulmana è migliorato anche da quando si sono arruolati nell’Arma alcuni militari di fede islamica che hanno contribuito anche a sensibilizzare i comandanti di stazione a rapportarsi in modo corretto con realtà sociali diverse».
«Siamo contenti di essere riconosciuti come interlocutori dalle forze dell’ordine, ma prima ancora siamo contenti di essere conosciuti davvero, che si prendano le informazioni direttamente da noi e non solamente attraverso il “sentito dire”, le cose riferite». Brahim Baya, 32 anni, da tempo cittadino italiano, è il portavoce dell’Associazione islamica delle Alpi, che a Torino include la moschea Taiba di via Chivasso e la moschea Rayan di via Reycend, due dei 45 centri culturali e di preghiera con cui i carabinieri di Torino hanno instaurato un rapporto di collaborazione.
Com’è cambiato nel tempo il rapporto con le forze dell’ordine?
«I carabinieri, e anche la polizia, ci conoscono meglio, li invitiamo sempre anche alle nostre iniziative. E sanno che qui a Torino c’è un bel rapporto con loro: a volte siamo anche noi che chiediamo consulenza, se è il caso di fare denuncia o se ci sono delle emergenze».
La comunità islamica come vive questa collaborazione?
«Direi bene, soprattutto con il passare del tempo la maggior parte è contenta perché non ha nulla da nascondere. Qualcuno a volte storce il naso, ma sono casi isolati».
Nessun allarme per estremismi e terrorismo?
«No, l’impressione sulla comunità islamica che vive qui è molto positiva. Ce ne siamo accorti in occasione degli attentati di Parigi: ricordo che è stato sottolineato come il clima qui sia diverso da altre città. In passato ci sono state delle espulsioni di imam considerati radicali soprattutto a causa di traduzioni sbagliate. Adesso errori di questo tipo non accadono più, anche perché sono stati arruolati carabinieri di religione musulmana: con loro siamo sicuri che le informazioni siano trasmesse in modo corretto».
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